Il nuovo tributo
La nuova
imposta comunale, che
verrà introdotta dal 2014, ingloba
due componenti:
-
una relativa alla gestione
dei rifiuti urbani (Tari);
-
e l'altra relativa alla copertura
dei servizi indivisibili (Tasi).
La prima componente
(Tari) è dovuta
da chi occupa a qualunque titolo, locali o aree suscettibili di produrre
rifiuti urbani e verrà calcolata con aliquote commisurate alla superficie e
parametrate dal Comune con una certa flessibilità, ma nel rispetto del
principio comunitario “chi inquina paga”. L’imposta calcolata garantisce
all’ente locale la copertura integrale del servizio.
La seconda componente
(Tasi) è carico di chi occupa fabbricati (a carico del proprietario e
dell’occupante). Il comune potrà scegliere come base imponibile o la superficie
o la rendita catastale. Il comune avrà margini di manovra, ma nei limiti della
legge statale, in quanto l’autonomia comunale sarà limitata verso l’alto per
evitare di accrescere la capacità fiscale e il carico sui contribuenti causati
da manovre dei comuni.
Tale componente andrà a finanziare i cosiddetti servizi indivisibili,
come l'illuminazione, la polizia municipale, l'arredo urbano e la manutenzione
dei giardini pubblici.
Oggi la copertura dei servizi indivisibili è garantita con una
maggiorazione della Tares, che quest'anno è pari a 30 centesimi al metro
quadrato e frutta ai Comuni circa un miliardo di euro. Dal 2014, invece,
la maggiorazione sarà scorporata dalla tassa sui rifiuti e confluirà nella
Tasi.
È probabile, però, che il gettito complessivo della Tasi sia ben superiore a un miliardo. Anche perché la nuova tassa sui servizi indivisibili dovrà contribuire al superamento dell'Imu sull'abitazione principale.
È probabile, però, che il gettito complessivo della Tasi sia ben superiore a un miliardo. Anche perché la nuova tassa sui servizi indivisibili dovrà contribuire al superamento dell'Imu sull'abitazione principale.
Cioè con la cancellazione
dell'Imu sulla prima casa, i Comuni perderanno circa 4 miliardi. E se non li
otterranno con altre fonti di entrata, potrebbero recuperarne almeno una parte
con la Tasi.
Non è corretto, però, affermare che il debutto del nuovo tributo si
risolverà in una partita di giro (né tantomeno in un semplice cambio di
denominazione), perché la Tasi in linea di principio verrà pagata da tutti
gli immobili – compresi uffici, negozi e capannoni – e non solo dalle prime
case.
E perché il Comune potrà addirittura decidere di non applicarla sulle
abitazioni principali, "scaricandola" sugli immobili non
residenziali, oltreché sulle seconde case e sugli alloggi affittati.
Nei piani del Governo, la Tasi avrà un'aliquota base dello 0,3 per mille calcolato sul valore catastale (o di 30 centesimi al metro quadrato), ma potrà essere aumentata dai Comuni fino a un livello tale da incassare al limite la stessa somma che sarebbe entrata nelle casse locali portando l'Imu sulla prima casa ad aliquota massima (6 per mille).
E proprio in questa clausola si annida il rischio di ulteriori rincari, dal momento che il grosso dei Comuni ha mantenuto l'aliquota Imu sulla prima casa ben al di sotto del livello massimo, concentrando gli aumenti sugli altri fabbricati.
Di certo,
La scelta è neutrale in termini di gettito complessivo: basta
quantificare correttamente la base imponibile e fissare il prelievo, sotto
forma di aliquota o centesimi per metro quadrato, a un livello sufficiente a
garantire le risorse necessarie al Comune. Oltretutto, l'obbligo di usare la
stessa superficie già utilizzata per il tributo sui rifiuti non crea
complicazioni di calcolo.
Quello che cambia è la distribuzione del prelievo tra i contribuenti.
Quello che cambia è la distribuzione del prelievo tra i contribuenti.
Dove le rendite catastali sono più elevate, conviene essere tassati per
metri quadrati, ovviamente a parità di pressione fiscale. Ma il punto è che ci
sono grandi differenze anche all'interno della stessa città, tra un quartiere e
l'altro, o anche tra un edificio e l'altro.
Oltre alla sperequazione delle rendite, infatti, incide anche il numero
dei vani catastali, che dipende tra l'altro dalla distribuzione degli spazi
all'interno dell'unità immobiliare (a parità di metratura gli edifici più
vecchi tendono ad avere meno vani).
D'altra parte, la superficie, senza altri correttivi, non tiene conto
del valore di mercato né dell'utilizzo effettivo dei diversi fabbricati.
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